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Francesca, Karim, Andrea e Walaa sono quattro studenti che hanno frequentato la scuola del Covid, e che hanno appena terminato il percorso. Francesca è nata nel 2018 e terminerà tra una settimana il primo anno di scuola dell’infanzia in Toscana. Karim ha sette anni e ha concluso la quarta della scuola Primaria in Campania. Andrea ne ha dodici, e ha completato la seconda media, in Liguria. Walaa è una ragazza con disabilità, iscritta al terzo anno dell’Istituto per il Turismo in Lombardia.

Se per l’emergenza sanitaria si è spesso ripetuto che siamo tutti nella stessa tempesta, ma non siamo seduti nella stessa barca, questo vale in particolare per il mondo della scuola.
I protocolli sanitari emanati dal Governo e dalle Regioni per l’anno scolastico ’20-’21 sono stati acquisiti da tutti gli Istituti d’Italia, ma mai come quest’anno è stato evidente quanto la differenza, nella relazione tra studenti e scuola, dipenda da variabili spesso imprevedibili, o semplicemente dalla fortuna.

Francesca è arrivata alla scuola dell’infanzia senza che i suoi genitori potessero accompagnarla nell’aula neppure il primo giorno. Fa parte del gruppo dei più piccoli ma, nonostante l’attenzione e la dolcezza delle maestre, per lei è stato traumatico separarsi sulla porta fin dal primo giorno. La sua scuola è divisa per bolle, quindi per tutto l’anno non ha potuto giocare negli spazi comuni con la figlia della migliore amica di sua mamma, che è in un’altra sezione, nonostante poi, appena uscite da scuola, passino abitualmente insieme il pomeriggio perché i genitori lavorano. A settembre mancavano le maestre e, nonostante l’esistenza del cosiddetto “organico Covid”, la scuola non è riuscita ad avviare il tempo pieno fino alla fine di ottobre. I suoi genitori hanno speso più di mille euro di babysitter, per poter lavorare.

Karim aveva iniziato l’anno sperando potesse essere migliore di quello precedente: chiuso in una casa piccola e senza wifi, i mesi di lockdown nella primavera 2020 avevano significato, per lui, uno scollegamento totale dal mondo della scuola e da quello delle relazioni con i compagni conosciuti da poco. All’inizio dell’anno ‘20/’21 Karim ha frequentato la scuola e stava migliorando nell’apprendimento della lingua italiana, quando la Regione Campania ha deciso di chiudere tutte le scuole di ogni ordine e grado per diversi periodi di tempo. Ogni volta che la scuola è stata chiusa, Karim è rimasto solo a casa con il fratello maggiore. Nessuno dei due ha potuto frequentare la Dad, perché le uniche connessioni in casa sono quelle sugli  smartphone di mamma e papà, che andavano a lavorare. Karim fa parte di quel 25% degli studenti a rischio dispersione a causa della didattica a distanza.

Andrea ha frequentato quasi tutto l’anno scolastico in presenza, a differenza di suoi coetanei in altre Regioni d’Italia. La classe ha però riscontrato per tre volte una positività in classe, quindi quasi un mese e mezzo di lezioni sono state svolte a distanza solo per la sua classe. I suoi insegnanti sono riusciti a completare il programma, ma Andrea non ha potuto frequentare un doposcuola gestito da un’associazione che l’anno scorso l’aveva molto aiutato nelle materie scientifiche, perché il dirigente scolastico non ha concesso l’uso degli spazi al personale esterno. Andrea ha chiuso l’anno con due debiti: in matematica e in scienze naturali.

All’inizio dell’anno, Walaa non ha potuto tornare a scuola, perché l’organico era insufficiente. A fine ottobre le è stato assegnato un insegnante di sostegno, ma dopo due settimane – a causa dello scorrimento delle graduatorie – il docente ha potuto spostarsi su una supplenza di materia, quindi Walaa si è trovata nuovamente senza aiuto. È stata trovata un’insegnante tramite graduatoria, che però era una laureata in Giurisprudenza che non aveva mai lavorato con persone con disabilità.  Dopo due settimane di tentativi, ha preferito rinunciare. L’insegnante successivo, trovato invece attraverso la Mad – la Messa a disposizione –  ha accettato l’incarico ed è rimasto tutto l’anno, però la scuola secondaria ha chiuso.

Gli studenti sono andati in Dad, ma quelli con disabilità come Walaa avevano la possibilità di accedere alla scuola. La ragazza si è quindi trovata a fare lezione da sola, in un istituto semivuoto, con un insegnante senza esperienza precedente di sostegno alla scuola superiore. La maggior parte dei giorni Walaa si è rifiutata di entrare a scuola o di lavorare con profitto con l’insegnante, in assenza dei suoi compagni con cui aveva costruito una buona relazione di fiducia negli anni precedenti.

Francesca, Karim, Andrea e Walaa raccontano quattro storie tristi, nella scuola Covid. Ma per fortuna, Francesca, Karim, Andrea e Walaa non esistono davvero. Il loro anno scolastico, però, rappresenta quello di tutti quegli studenti finiti negli ingranaggi di un sistema che faticava enormemente già prima del Covid e che l’emergenza sanitaria, unita all’assenza di investimento economico, ha rallentato e peggiorato ancora di più.

Altri bambini e altri ragazzi hanno potuto godere di un anno scolastico faticoso, ma piacevole e fruttuoso, grazie all’incredibile sforzo di migliaia di insegnanti. Ma la Dad, la Mad, e gli altri sistemi emergenziali di gestione della scuola e dell’organico, non riescono a  rispondere all’enorme bisogno di cura e di qualità della scuola italiana: un bisogno che è aumentato, e non certo diminuito, nel corso della più grave crisi sanitaria dell’epoca contemporanea.

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L’anno scolastico raccontato attraverso quattro studenti, tra connessioni Internet inesistenti, Dad, Mad e e spazi chiusi o ridimensionati
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