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Cosa rende una serie tv degna di nota, in un panorama televisivo in cui le novità seriali vengono proposte ogni giorno, su qualsiasi mezzo e qualsiasi schermo? Probabilmente le idee, o perlomeno il coinvolgimento di grandi nomi della recitazione. Solos, la nuova serie antologica che debutta su Amazon Prime Video il 25 giugno, tenta di sommare entrambi questi fattori e lo fa da una premessa sulla carta molto interessante: in ognuno dei sette episodi protagonista è un singolo attore che parla con sé stesso (o con versioni di sé stesso) in un superamento del concetto tradizionale di monologo, immerso in un contesto più o meno fantascientifico. Questa creazione di David Weiss, già ideatore di un altro successo Amazon come Hunters e che qui debutta alla regia di alcuni episodi, è una specie di incrocio fra tradizione shakesperiana e trovate alla Black Mirror, anche se è difficile dire che si sia trovato un equilibrio efficace.

In ogni episodio, che dura circa mezz’ora, vediamo dunque un grande attore alle prese con sfide futuristiche: Anne Hathaway vuole mettersi in contatto con la sé stessa del futuro, Anthony Mackie deve confrontarsi con la mortalità e con un proprio clone, Uzo Aduba (Orange Is the New Black, Mrs America) è intrappolata in una casa intelligente e così via. Non si può dire che, tra viaggi nel tempo, clonazioni, esplorazioni spaziali e manipolazione della memoria, gli spunti fantascientifici siano dei più originali, anche se qui sono piegati verso un’introspezione drammatica, una riflessione profonda e sofferta sul senso di essere vivi e di percorrere il proprio destino. Nonostante ci siano dei collegamenti interni che vanno taciuti per non fare spoiler (e ci siano anche delle gag ricorrenti, come il riferimento ai gelati Carvel, alle Alfa Romeo e ai… peti), queste storie pur intense soffrono del fatto di essere abbandonate appunto dopo 30 minuti, senza che poi possiamo sapere cosa è stato dei vari personaggi e delle loro crisi.

Certo, in questo caso è più il livello della recitazione a fare la differenza. La grandiosa Helen Mirren è protagonista per esempio del terzo episodio in cui interpreta l’anziana Peg che, consapevole di aver sprecato la propria vita nel terrore, accetta un’avventura spaziale senza via di ritorno. Seduta su una sedia, fasciata in una tuta rossa, praticamente immobile, Mirren incanta per mezz’ora filata grazie a una padronanza dei suoi mezzi espressivi che fanno dimenticare ogni contingenza. Lo stesso si può dire di Morgan Freeman, protagonista dell’ultimo episodio in cui la formula fra l’altro cambia leggermente: ad affiancarlo è infatti Dan Stevens (anche voce dell’intelligenza artificiale con cui interloquisce Mirren), il quale arriverà a scoprire un segreto inquietante che dà nuova luce a tutti i monologhi precedenti.

Solos procede proprio attraverso questa serie di contraddizioni interne: la sua forza si basa tutta sull’interpretazione solitaria dei protagonisti, ma alcune performance sono più deboli di altre; ogni episodio vuole raccontare una storia a sé, ma bisogna arrivare all’epilogo perché tutto assuma un senso più compiuto; l’impostazione è quella di uno scandaglio della complessità dell’animo umano, ma sono i riferimenti pop e le battute sulla cultura contemporanea (Game of Thrones, Trump in fuga in Russia ecc.) a risultare più brillanti del resto. Questa antologia è in sostanza un buon prodotto a livello realizzativo, ma che si perde nel mezzo di una competizione che ha alzato l’asticella sempre di più. È anche vero, però, che potrebbe essere la perfetta espressione seriale ai tempi del Covid, col suo singolo interprete che regge la scena da solo, isolato, senza nessun altro intorno.

Senza saper esattamente cosa vuole essere fino in fondo, però, Solos è un intrattenimento sporadico da infilare nei ritagli di tempo, anche se dimostra che una certa originalità di storytelling non è ancora morta: basterebbe solo averci creduto un po’ di più.

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In questa miniserie, ogni episodio mostra un protagonista diverso (fra cui spicca la grandiosa Helen Mirren) affrontare profonde introspezioni immerso in un isolamento fantascientifico, fra spunti originali e forti contraddizioni interne
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