0 00 12 minuti 3 anni 12

Apple Store galleggiante | Credit: Javan Ng, via Twitter (screenshot)

Se Apple dovrà cedere parte del controllo che esercita sulla sua piattaforma mobile, quali sono gli scenari possibili? E quali le conseguenze tecniche, economiche e operative? Cinque sono le ipotesi sul tavolo per rendere compatibile la strategia di Apple nella gestione delle sue piattaforme e le normative in cantiere negli Stati Uniti e soprattutto in Europa.

Secondo Apple, “gli app store alternativi distruggono la sicurezza“. L’azienda ha presentato qualche giorno fa un nuovo rapporto, in cui spiega che consentire agli utenti degli iPhone di fare side loading, cioè caricare app con altri sistemi che non sono lo store ufficiale, mina la protezione della privacy, rende più complicato il controllo parentale dei dispositivi dati ai figli, esponendo potenzialmente i dati degli utenti stessi e apre al rischio di malware e altre forme di attacchi informatici che, scrive nel rapporto l’azienda, “sono estremamente diffusi nelle piattaforme che non utilizzano questo tipo di protezioni“. Una frecciatina ad Android. Invece, il sistema chiuso di Apple, spiega l’azienda, è un vantaggio perché consente una maggiore protezione, a scapito della libertà di installare quel che si vuole quando e come si vuole. Questo secondo Apple è un valore sia per gli utenti che per gli sviluppatori.

Il rapporto non nasce per caso. Negli ultimi anni sia negli Stati Uniti sia in Europa è iniziato un dibattito complesso sul tema della privacy e della concorrenza. Mentre negli Stati Uniti si discute se “dividere” le grandi aziende quando occupano troppo spazio, e si guarda alla causa in corso tra Epic Games e Apple per capire quale sarà la strada da seguire, in Europa si affronta il tema dell’abuso di posizione dominante che inibisce lo sviluppo dei mercati bloccandone la concorrenza, dal punto di vista normativo e regolamentare.

A Bruxelles è in corso di definizione il Digital markets act (Dma), che entrerà in vigore non prima del 2023. Si tratta di una normativa che ha l’obiettivo di garantire un maggiore grado di concorrenza nei mercati digitali europei, impedendo alle grandi aziende di abusare del loro potere di mercato e consentendo a nuovi operatori di entrare nel mercato. La parte più interessante qui è quella che stabilisce un elenco di obblighi per i gatekeeper (cioè i big del settore) e, in caso di mancato rispetto, applica meccanismi sanzionatori, comprese multe fino al 10% del loro fatturato mondiale. Le principali aziende a essere interessate sono tutte americane: secondo Andreas Schwab, eurodeputato tedesco del Ppe, “il problema principale” per la tutela della concorrenza nell’Unione sono Google, Amazon, Apple, Facebook e Microsoft. E la cosa sta creando tensioni tra Bruxelles e la Casa Bianca.

Tuttavia, se effettivamente il Dma dovesse essere approvato nella versione più punitiva per i gatekeeper, Apple dovrebbe molto probabilmente modificare l’ecosistema dei suoi iPhone, cioè cambiare il modo con il quale gli utenti utilizzano i telefoni progettati a Cupertino. Apple potrebbe essere costretta a farlo, per esempio, a seguito di una sentenza di una corte europea, oppure scegliere di agire proattivamente. Ma in che direzione? Ecco i cinque possibili scenari.

Prima ipotesi: il solito telefono, più store

La prima è l’ipotesi più facile da immaginare: Apple mantiene il suo iPhone uguale a com’è adesso, solo lascia la possibilità di aggiungere altri app store di terze parti e quindi altre app. In questo caso si incrinerebbe la sicurezza dell’ecosistema di Apple. Se gli utenti decidessero di installare l’app store di una terza parte, non ci sarebbero più una serie di garanzie offerte dallo store di Apple. Per esempio, un sistema di protezione dagli acquisti non autorizzati da parte dei bambini o una garanzia analoga a quella di Apple per la protezione delle foto e dei video personali dalle applicazioni indiscrete.

Non ci sarebbe neanche la garanzia analoga a quella offerta da Apple che gli sviluppatori dichiarino il vero riguardo l’effettivo comportamento delle loro app. Inoltre, altri app store alternativi meno controllati potrebbero vendere le versioni pirata delle applicazioni più note senza che gli utenti se ne accorgano, creando un danno anche al mercato degli sviluppatori. Il vantaggio per gli utenti sarebbe poter installare tutte le app che vogliono da qualsiasi sorgente, e probabilmente modificare in maniera sostanziale l’interfaccia e l’esperienza d’uso del telefono. Le aziende più grandi potrebbero imporre i propri store alternativi e, facendo leva sulla capacità di investire in marketing, potrebbero ricreare ambienti “riservati”, solo per alcune app.

Foto: Apple

Seconda ipotesi: un telefono, due anime

Apple potrebbe fare delle modifiche interne al suo sistema operativo e inserire una opzione nei suoi telefoni. In questo scenario gli utenti al primo avvio potrebbero scegliere se utilizzare la versione tradizionale di iOS, con tutte le app pre installate e l’app store esclusivo, oppure scegliere una versione “vuota” in cui è presente solo un browser e un pannello di gestione. Questa sarebbe una possibile risposta alla richiesta più estrema da parte del legislatore europeo di fornire una versione “vanilla” (senza alterazioni) del suo hardware.

In questo caso, chi configurasse l’iPhone per funzionare senza software di Apple in pratica userebbe un dispositivo completamente diverso, privo di garanzie implicite sulla qualità e sicurezza del funzionamento. Apple nel suo rapporto dichiara che “ogni settimana vengono esaminati in media 100mila applicazioni e aggiornamenti da una squadra di di oltre 500 esperti, e quasi un milione di app sono state rifiutate o rimosse nel corso dell’ultimo anno: più di 150mila erano spam o imitazioni, oltre 215mila violavano le linee guida sulla privacy e poco meno di 50mila contenevano funzioni nascoste o non documentate, mentre quasi 100mila includevano una o più funzioni che permettevano di commettere azioni vietate“. Se poi l’utente cambiasse idea, potrebbe resettare il telefono e trasformarlo nell’altra versione. Il vantaggio qui sarebbe di poter trasformare l’hardware di un iPhone sostanzialmente in un telefono che usa skin e app Android.

Terza ipotesi: due telefoni, uno aperto e uno chiuso

Apple volendo potrebbe proporre due linee di telefoni, magari appartenenti alla medesima generazione di apparecchi anche se con caratteristiche diverse (per capacità di memoria o altro). Uno di questi apparecchi, ipotizziamo nella scatola bianca, sarebbe il classico iPhone con tutto il software Apple di serie, mentre quello nella scatola nera sarebbe la versione “vanilla”, cioè senza niente. A differenza della versione precedente, una volta effettuato l’acquisto non sarebbe più possibile passare da una modalità all’altra. In questo caso il telefono senza app e store di Apple diventerebbe una piattaforma simile ad Android, e vivrebbe solo basandosi sul software di terze parti.

La differenza sarebbe che l’azienda non supporterebbe il sistema e non consentirebbe alle terze parti di utilizzare i suoi software e i suoi strumenti di sviluppo per realizzare app. Ogni sviluppatore software dovrebbe ripartire da capo. Un telefono di questo tipo secondo Apple sarebbe esposto a tutti i problemi che l’azienda ritiene di evitare con il suo sistema operativo: rischio di truffe, attacchi e perdite di dati per gli utenti, violazioni della privacy, impoverimento del valore della piattaforma per gli sviluppatori, difficoltà tecniche nello sviluppo di software che porterebbero a un generale scadimento della qualità delle app. Il principale vantaggio sarebbe quello di avere sul mercato un iPhone che costa sensibilmente meno, e cercare app analoghe a quelle ufficiali per trasformarlo in un iPhone “fai-da-te”.

(Foto: iFixit)

Quarta ipotesi: un telefono vuoto da riempire

È l’ipotesi che Apple sicuramente non vuole. Vorrebbe dire trasformare l’azienda in un produttore di hardware mentre la parte più esposta del sistema operativo e tutte le app sarebbero lasciate in mano ai terzi. Apple ritiene che in questo modo crollerebbe l’esperienza utente, ma anche il mercato degli sviluppatori ne risentirebbe, mentre garantire lo sviluppo della piattaforma per mantenerla sempre aggiornata e competitiva secondo Apple sarebbe impossibile.

Chi utilizzasse questo telefono potrebbe installare quello che vuole, dalle skin per modificare l’interfaccia alla possibilità di far funzionare qualsiasi app proveniente sia dagli store di terze parti che dal web. Il telefono sarebbe privo di garanzie per qualsiasi tipo di utilizzo, non avrebbe modalità protette per minori né garanzie di privacy per gli utenti in generale. Apple nel suo rapporto ricorda che il rischio è molto concreto. Gestendo il suo store, ad esempio, l’azienda spiega che negli anni ha bloccato oltre 1,5 miliardi di dollari in transazioni potenzialmente fraudolente e ha espulso 470mila sviluppatori perché provavano a frodare gli utenti, negando per gli stessi motivi più di duecentomila nuove registrazioni. Il vantaggio principale sarebbe di trasformare Apple in un prodotture di smartphone come gli altri, lasciando probabilmente a Google il monopolio del mercato dei sistemi operativi.

Quinta ipotesi: aprire il tablet

Apple non la considera una ipotesi realistica, però vale la pena approfondirla. Se sul tavolo delle trattative qualcuno proponesse un compromesso, cioè “aprire” l’iPad e trasformarlo in una piattaforma analoga al Mac (cioè in cui si possono installare anche applicazioni da fuori l’app store) mantenendo l’iPhone così com’è, Apple potrebbe mantenere ai livelli attuali il rischio per gli utenti e l’ecosistema degli sviluppatori di veder compromessi i loro dati, di essere attaccati dal malware, di essere invasi da copie pirata del loro software.

I rischi, però, si sposterebbero sulla piattaforma iPad, che già oggi ha la potenza di calcolo paragonabile a quella di un personal computer ma la chiusura nella gestione analoga a quella dell’iPhone. Il rischio sarebbe minore in valore assoluto perché ci sono meno iPad in circolazione (anche se i dati vengono condivisi via iCloud), e il problema sarebbe soprattutto tecnico, cioè riuscire a trasformare iPadOs (il sistema operativo degli iPad) che è pensato per essere chiuso come iOS, in un sistema aperto, mantenendo la compatibilità reciproca. Per gli sviluppatori ci sarebbe il rischio di veder comparire app piratate, gli utenti non saprebbero più se le app che stanno comprando sono effettivamente testate e sicure, e oltre ai rischi di privacy ci sarebbe la possibilità di malware e attacchi informatici su scala molto maggiore. Il tipo di utilizzo, sostanzialmente diverso, tra iPhone e iPad, con quest’ultimo che è sempre più simile a un Pc, metterebbe sostanzialmente l’iPad sullo stesso livello di oggi dei Mac. È l’ipotesi meno probabile ma forse la più interessante.

The post Cosa succederebbe ad Apple, se dovesse aprire l’App store agli “estranei” appeared first on Wired.

I cinque scenari per iPhone e iPad se il colosso di Cupertino fosse costretto ad accogliere app store alternativi, come vogliono le autorità di Stati Uniti ed Europa
The post Cosa succederebbe ad Apple, se dovesse aprire l’App store agli “estranei” appeared first on Wired.
Wired (Read More)

Dicci la tua, scrivi il tuo commento: