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67 miliardi di ore trascorse guardandolo dal 2011, quando fu lanciato. Sono, in media, otto ore per ognuno degli abitanti del pianeta Terra.

Otto ore passate, perlopiù a vedere videogiocare qualcuno in diretta, davanti a Twitch, il servizio che, nato nel giugno di dieci anni fa come canale monotematico della piattaforma di streaming generalista Justin.tv, ha rivoluzionato il modo di distribuire e soprattutto produrre contenuti video nella nostra epoca. Il servizio che, per primo, ha intercettato e insieme amplificato a dismisura il nuovo racconto aggregativo dei nostri tempi: il gaming, approcciato per divertirsi o a livello professionistico, come il cosiddetto esport.

Complici pandemia e quarantene casalinghe, nel 2020 il numero di spettatori di Twitch è stato 86 volte superiore a quello dell’anno d’esordio, quando al progetto credevano in pochi oltre ai suoi creatori, Emmett Shear e Justin Kan.

Mentre leggete queste righe, sono 2 milioni e mezzo le persone connesse alla piattaforma. Tutte lì per godersi i contenuti di sette milioni di content creators le vere star di oggi, il segno più clamoroso dell’effetto di Twitch sulla gente – e per dimostrare come avessero ragione i boss di Netflix quando, a fine 2018, misero in guardia i propri azionisti dal più pericoloso competitor in circolazione: i videogiochi. Non è un caso che nel novembre del 2014 Twitch sia stata acquisito da Amazon per una miliardata di dollari.

Ciò premesso, che Twitch sia nota come la piattaforma “dove guardare lunghe sessioni di gaming in tempo reale” è vero quanto passato: mentre da una parte è la conferma che videogiocare e guardare chi lo fa oggi sono i passatempi più diffusi sotto i 25 anni (dato: Esa), e insieme è la testimonianza di quanto il gaming sia una delle lenti migliori con cui osservare il mondo, dall’altra Twitch va, ormai da anni, differenziando i propri contenuti. Se e quanto la nuova direzione prometta di riconfigurare l’idea di palinsesto televisivo che proprio Twitch ha smantellato è argomento da riflessione accademica. Ma anche un’occasione preziosa per chiacchierare, nel decimo compleanno della piattaforma, con Sara Kurolily Stefanizzi, una delle streamer che meglio interpretano la nuova ampiezza contenutistica del servizio, e con Damian Burns, che di Twitch è senior vice president per l’Europa, il Medio Oriente e l’Africa.

Due punti di vista diversi sull’intrattenimento che sarà.

Nato come fenomeno parallelo alla crescita globale del gaming e dell’esport, Twitch si è evoluto differenziando sempre di più la propria offerta contenutistica

Burns, Twitch ha democratizzato l’intrattenimento video, permettendo a chiunque di diventare autore. È d’accordo? E crede sia questo uno degli ingredienti che vi hanno permesso di crescere costantemente?

“Non potrei essere più d’accordo: sono certo Twitch abbia democratizzato l’accesso all’intrattenimento video. Per comprendere meglio quanto successo, sarebbe sufficiente tornare indietro di 15 anni. All’epoca, trasmettere qualcosa di personale era difficile e altrettanto costoso: lo era per parlare a una persona sola, figuriamoci per raggiungere un pubblico vasto, costituito da migliaia o milioni di interlocutori. Oggi questo è possibile investendo una cifra modesta: basta avere un microfono, un software di qualità discreta e una videocamera. Con queste basi, con Twitch si possono vivere eventi dal vivo, è possibile condividere interessi e passioni con una persona, con nessuno, o con milioni di utenti. E tutto con una semplicità estrema, in autonomia, senza disporre di uno studio televisivo.

Credo che la nostra chiave sia questa, la semplicità: nell’accesso allo streaming e al broadcasting. Un approccio che l’anno scorso ci ha portato, per la prima volta, al traguardo dei 13 milioni di streamer.

Non sottovaluterei un altro aspetto fondamentale: con Twitch si è ‘live’ e interattivi allo stesso tempo. Chiunque partecipi a una diretta può interagire con tutti gli altri e dar vita a un dialogo multi-direzionale unico nel suo genere”.

Sara “Kurolily” Stefanizzi, streamer, content creator e conduttrice televisiva (foto: Sara Stefanizzi/Arkadia Media Agency)

Non tutto è cosi idilliaco, però. Giorgio “Pow3r” Calandrelli, uno dei content creator più seguiti in Italia, ha sottolineato come, per diventare uno streamer di successo, la qualità a volte non basti, o addirittura conti poco. Meglio proporre la cosa giusta al momento giusto. Kurolily che ne pensa?

Pow3r ha ragione: giocare il titolo del momento, ed essere bravi a farlo, può aiutare enormemente a farsi notare. Anche per streamer non legati al gaming è fondamentale intercettare gli argomenti di maggior interesse per il pubblico. Il che non significa la ricetta migliore sia seguire le mode.

Sono convinta che il successo non sempre coincida con ottime statistiche e con l’ampiezza dell’audience. Motivo per cui, invece di puntare alla viralità, ho sempre preferito condividere cose che amo, anche se di nicchia. In fondo, anche il videogioco più popolare passa di moda, mentre un pubblico affezionato allo streamer è destinato a crescere”.

A proposito, perché le nuove generazioni ritengono quella di Twitch una modalità espressiva più interessante rispetto al broadcasting vecchio stile?

“Quello della televisione è un intrattenimento passivo. Sebbene i miei coetanei non lo snobbino, l’approccio delle nuove generazioni è molto diverso: oggi i teenager, e i miei fratelli lo dimostrano, la tv non la accendono nemmeno. Non si sognerebbero mai di guardare qualcosa con i genitori. Preferiscono godersi una live su Twitch dei loro streamer preferiti. Credo sia perché il contenuto su Twitch è fruibile immediatamente e pronto a rispondere a quel che si cerca, qui e ora: basta uno zapping tra i canali per vedere quale sia in diretta, o per godersi un past-broadcast se si è persa una live interessante.

In più tanti spettatori interagiscono con il proprio streamer di riferimento tramite la chat, raccontandosi e spesso dando vita a dialoghi o amicizie. La tv è a senso unico; Twitch è interazione e senso della community”.

Daniam Burns, senior vice president di Twitch per l’Europa, il Medio Oriente e l’Africa

Eppure, Burns, sebbene Twitch sia nato e cresciuto grazie al gaming, oggi il tentativo di aprirne i contenuti è palese. Volete riprodurre, aggiornandolo, il vecchio modello di programmazione televisiva?

“Che la storia della piattaforma sia legata ai videogiochi è innegabile: quando siamo partiti, gli streamer erano per la stragrande maggioranza giocatori, anche esperti. Un fatto di non secondaria importanza per la diffusione del servizio, considerata la famigliarità dei gamer con un tipo di tecnologia come la nostra. A un certo punto, però, quelle stesse persone che pubblicavano solo video relativi al gaming, hanno cominciato a condividere altro, seguiti dai musicisti desiderosi di far conoscere le proprie composizioni, o dagli appassionati di sport che hanno usato Twitch per discutere di atleti, squadre, partite.

Ha insomma preso vita una diversificazione spontanea dei contenuti: ognuno ha visto nella piattaforma la possibilità di esprimersi e parlare delle proprie passioni, sentendosi connesso a una comunità.

Grazie alla sua facilità di accesso, oggi Twitch non è solo la casa dei videogiocatori, ospita e racconta le passioni più disparate: dall’arte alla musica, dallo sport alla cucina”.

Anche in Italia?

“In Italia soprattutto: nel 2020 abbiamo registrato record nelle ‘ore guardate’ – il nostro indicatore chiave – e nel numero di creator e spettatori attivi ogni giorno. Nel settore sport, le ore guardate sono aumentate del 2.500% in un anno, di sicuro grazie alla miccia accesa da qualche fanatico all’interno della comunità. Di particolare successo, per esempio, sono stati gli show di Christian Vieri. Non è un caso che club di livello internazionale come il Milan, l’Arsenal, il Real Madrid, il Barcellona o il Paris Saint-Germain abbiano inaugurato canali propri. È la conferma di quanto il fenomeno si stia diffondendo in direzioni diverse e anche lontane dai videogiochi”.

Kurolily, significa che il futuro della comunicazione sarà diverso da come l’avrebbero voluto i broadcaster vecchio stile?

“Non sono convinta che l’intrattenimento televisivo possa essere del tutto sostituito. Credo piuttosto si stia lentamente condannando da solo, perché i programmi proposti continuano a essere creati e gestiti dalle vecchie generazioni. Non è possibile parlare a ragazze e ragazzi giovani, cioè al pubblico del presente e del futuro, con palinsesti di due generazioni fa e con presentatori che potrebbero esserne i nonni.

Twitch ha riempito questo gap, ha proposto un intrattenimento più fresco, spontaneo e soprattutto giovane a un pubblico che lo è altrettanto e che non trova appagante la staticità della tv. Sono convinta che l’intrattenimento live rappresenti il futuro“.

Giorgio “Pow3r” Calandrelli e Sara “Kurolily” Stefanizzi al Wired Next Fest 2020

Il che può anche suonare come una condanna: Burns, per avere successo e mantenerlo, oggi un creator deve garantire una presenza ampia e continua. Non rischia di diventare schiavo di se stesso?

“Credo si tratti semplicemente di impegnarsi per una causa, cosa valida per qualsiasi tipo di carriera. Chiunque voglia avere successo nel proprio lavoro sa quanto è necessario impegnarsi e quanto i risultati richiedono tempo e dedizione. Lo stesso vale per chi voglia trasformare lo streaming in una professione.

Su Twitch, il denaro guadagnato nel 2020 dagli streamer è stato il doppio rispetto al 2019, con circa mezzo milione di affiliati in più anno su anno. Non trovo un dato più efficace per raccontare quanto le persone si impegnino al massimo per avere successo in questo settore”.

In un qualsiasi altro lavoro, però, una pausa non coincide con una bocciatura. La metafora della gabbia torna…

“Sia chiaro: tutti i nostri utenti sono in totale controllo di ciò che fanno sulla piattaforma, nessuno detta regole su come o quando intervenire. Ciò detto, è evidente che gli orari di programmazione siano cruciali, perché se una persona ama guardarti o ascoltare ciò che fai, vuole sapere quando andrai in onda per poter comunicare con te e con la tua community. Essendo tutto in diretta, se si sbaglia orario si perde lo streaming. Sebbene questo aspetto possa essere considerato deludente da qualcuno, per me rimane il punto di forza di Twitch: l’opportunità di essere live rende unica la condivisione fra lo streamer e la sua comunità. Sono due facce della stessa medaglia”.

Come immagina Twitch fra altri dieci anni, Burns?

“Senza peccare di falsa modestia, non facciamo che fornire un’infrastruttura, un servizio grazie al quale la nostra community può, in maniera gratuita, andare in onda e interagire da ogni parte del globo. Per questo il futuro della piattaforma sarà scritto dagli artisti, dagli streamer, dalla community, non da noi.

Noi dovremo osservare quello che succede e intervenire per rispondere alle necessità dei nostri utenti. Sarà interessante assistere allo sviluppo di Twitch, ma sarebbe meglio chiedere ai nostri creator come se lo immaginano”.

Detto fatto: Kurolily, come saranno Twitch e Sara Stefanizzi fra dieci anni?

“Lavoro sulla piattaforma da più di otto anni e soprattutto negli ultimi due l’ho vista cambiare enormemente. Come sarà fra un decennio? Consolidata ovunque e ‘transgenerazionale’, con canali numerosi e molto diversi fra loro: intrattenimento, approfondimento, arte, didattica. Per quanto non sia in grado di immaginare la varietà dei format del futuro, che sarà davvero ampia, come ho già detto sono convinta che l’immediatezza della diretta sarà imprescindibile.

Parlando di me, credo sarò consulente e talent scout per i nuovi streamer, visto che conosco la piattaforma e so quello che serve per affrontare questa professione. Mi piacerebbe comunque continuare a fare streaming, ormai è una parte fondamentale della mia vita”.

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La piattaforma di live streaming che ha cambiato le nostre abitudini compie dieci anni: ne parliamo con uno dei suoi capi, Damian Burns, e con la content creator italiana Kurolily
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