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(foto: Pixabay)

Venezia è riuscita a non perdere lo status di patrimonio artistico dell’umanità. Dopo l’adozione del piano di allontanamento delle grandi navi da crociera dalla laguna, il Comitato del patrimonio mondiale dell’Unesco ha deciso di non inserire Venezia nella lista dei siti in pericolo, dove finiscono i siti in minacciati da conflitti, dai processi di industrializzazione, dalla scarsa manutenzione o da norme insufficienti a tutelare il patrimonio culturale. Salva dalla blacklist anche la grande barriera corallina dell’Australia, mentre il porto vittoriano di Liverpool è stato cancellato dall’elenco dei patrimoni dell’umanità, perché l’amministrazione cittadina non ha accolto le richieste dell’Unesco di interrompere la costruzione di nuovi grattacieli nella zona.

Circa un mese fa, l’organo di valutazione tecnico dell’Unesco aveva avvertito l’Italia di agire quanto prima per bloccare l’ingresso delle grandi navi a Venezia, perché pericolose per l’integrità del sito, pena l’inserimento nella blacklist. Quando un sito finisce nella lista, le autorità statali devono adeguarsi alle indicazioni dell’Unesco, altrimenti si viene privati dello status di patrimonio dell’umanità. L’immediato effetto per i siti che attraversano questo processo è di perdere molti afflussi turistici e poi, in caso di cancellazione dello status di patrimonio dell’umanità, anche dei finanziamenti garantiti dalla comunità internazionale.

In questi giorni, il Comitato ha escluso anche la grande barriera corallina australiana dalla lista nera, grazie alle forti pressioni internazionali fatte dal governo di Camberra per opporsi alla valutazione dell’organo tecnico dell’Unesco. Per l’organizzazione internazionale la barriera si trova chiaramente in pericolo a causa del cambiamento climatico e le autorità australiane dovrebbero agire con maggior decisione per proteggerla. L’Australia è infatti un grande produttore ed esportatore di carbone e gas ed è ancora indietro nella transizione verso il raggiungimento delle emissioni zero. La decisione del Comitato è stata quindi molto contestata, sia dai movimenti ambientalisti che dal partito dei Verdi australiano. “Il governo ha promesso al mondo che avrebbe fatto del suo meglio per proteggere la barriera corallina” ha detto il capo di Greepeace Australia pacific, David Ritter, sul Guardian “invece ha fatto del suo meglio per nascondere la verità”. Mentre secondo il portavoce dei Verdi, Peter Whish-Wilson, l’Australia ha perso l’occasione di assumere un ruolo di leadership globale nella riduzione delle emissioni di Co2, andando invece proprio a ostacolare questo sforzo collettivo.

L’altro sito sotto osservazione era il porto vittoriano di Liverpool, già inserito nella lista nera dal 2012, era riuscito finora a evitare di perdere il suo status di patrimonio dell’Umanità. Tuttavia nonostante le raccomandazioni Unesco di non modificare l’area con nuovi edifici, l’amministrazione della città ha comunque autorizzato la costruzione di un nuovo stadio e di nuovi grattacieli nella zona limitrofa al porto. Così, il Comitato ha deciso di rimuovere Liverpool dall’elenco dei patrimoni dell’umanità. Fino a oggi solo due siti avevano perso il loro status dopo essere stati inseriti nella lista: il Santuario dell’orice d’Arabia in Oman, a causa della volontà del governo di voler sfruttare la zona per l’estrazione di petrolio e gas, e la valle dell’Elba di Dresda, a seguito della decisione della città di costruire un viadotto a 4 corsie nella zona. Con Liverpool il conto sale a tre.

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Grazie allo stop al transito delle grandi navi la laguna non verrà inserita nell’elenco dei siti in pericolo. Liverpool, tra le altre, invece ha perso l’ambita nomea
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