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Pace fatta fra Huawei e Xiaomi. Dopo mesi di dispute legali, le due aziende si sono sedute a un tavolo comune e hanno firmato un importante partnership che, oltre a mettere fine a tutte le cause pendenti, sancisce un accordo incrociato di licenze globali su brevetti che coprono un ampio range di tecnologie della comunicazione, incluso il 5G.

A marzo, Huawei aveva trascinato Xiaomi nelle aule dei tribunali, accusandola di aver violato quattro brevetti rispettivamente relativi alla comunicazione wireless, alla fotografia con gli smartphone e alle tecnologie di blocco dello schermo. La pace è stata sancita con una condivisione incrociata di molteplici brevetti, che Xiaomi e Huawei potranno ora utilizzare liberamente.

Ma su cosa stavano davvero litigando Huawei e Xiaomi? E perché questi accordi potrebbero rappresentare un’arma a doppio taglio in tema di competitività? Lo abbiamo chiesto a Stefano Vatti, massimo esperto del settore, socio dello Studio Fumero, Vicepresidente di AIPPI ITALIA e componente del gruppo di studi in materia di marchi di AIPPI International. Ecco cosa ci ha detto.

«Un’indagine sulle banche dati europee delle azioni legali in materia di proprietà intellettuale ha evidenziato solo due procedimenti amministrativi fra Huawei e Xiaomi, volti ad annullare la validità di un brevetto. Naturalmente, è assai probabile che le due compagnie abbiano preferito gestire le problematiche legali in patria. Tuttavia, è necessario tenere presente che le supposte questioni legali (che sui siti istituzionali non vengono citate) erano in numero assai limitato e in un numero di Paesi limitato.

L’accordo raggiunto prevede che ciascuna delle due compagnie concedano in licenza all’altra, a livello globale, le soluzioni innovative per cui avrebbero teoricamente il monopolio per vedere tutelate svariate tecnologie di comunicazioni che comprendono il 5G. Così si legge dal sito istituzionale di Huawei, e ciò lascia intendere che, di fatto, le due società cinesi, teoricamente concorrenti, si siano accordate per diventare i monopolisti di standard nelle telecomunicazioni, in particolare del 5G.

Da un punto di vista strategico, invece, questa decisione lascia perplessi perché in questo modo di fatto si crea un duopolio che però – a differenza dei duopoli storici nel mondo dell’elettronica (Ericsson/Nokia o Apple/Samsung) – assume di fatto la dignità di un monopolio. Sorge quindi il dubbio su quali fossero le effettive ragioni di questa procedura, che rischia di offrire un vantaggio economicamente inferiore rispetto a soluzioni in cui l’accordo non c’era.

Nella storia del contraddittorio in materia IP tra società di telecomunicazioni, spicca l’annosa questione tra Apple e Samsung: si trattava di una lotta a campo apertissimo, praticamente con azioni legali intentate in ogni parte del mondo ci fosse un mercato sensato (e tempi della giustizia accettabili), totalmente differente quindi da quella che oggi viene raccontata tra i due colossi cinesi. La disfida legale consentì alle due compagnie di ottenere una pubblicità ben superiore a quella prevedibile dalle campagne convenzionali.

La decisione di usare una tecnica di contenzioso sotto traccia, e di annunciare solo al termine di una lunga trattativa l’accordo, dimostra una strategia sostanzialmente opposta, senza che questa porti vantaggio alcuno a nessuno.

L’ipotesi, quindi, che dietro a questo accordo ci sia ancora una volta la mano di un governo che ama mostrare l’“armonia cinese” nel mondo potrebbe non essere quindi del tutto priva di fondamento».

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