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(immagine: Institute for Molecular Bioscience/University of Queensland)

Un farmaco salvavita potrebbe essere ricavato da uno dei veleni più letali conosciuti, quello del ragno della tela a imbuto (Hadronyche infensa). Secondo i ricercatori della University of Queensland, la proteina Hi1a contenuta nel veleno è in grado di bloccare il segnale di morte cellulare che interviene quando si verifica un infarto, limitando dunque i danni al cuore. Non solo, l’azione di questa proteina consentirebbe anche di “prolungare la vita” di un cuore espiantato da un donatore, dando maggiori chance di riuscita ai trapianti. La ricerca è stata pubblicata su Circulation.

Infarto

Un infarto è un evento che blocca l’afflusso di sangue al cuore e riduce l’apporto di ossigeno danneggiando i tessuti. Ma le cellule non muoiono solo per questo: il metabolismo dell’area colpita si modifica e si accumulano dei prodotti che acidificano il pH, costituendo un ulteriore segnale che spinge verso la morte cellulare.

Tale tipo di danno, che in medicina si chiama danno da ischemia-riperfusione, è uno dei motivi per cui gli eventi cardiaci rimangono in testa alla triste classifica delle principali cause di morte nel mondo. Un grosso problema in generale, ma che si amplifica in Paesi come l’Australia, in cui le distanze dai centri di cura possono essere tali da non arrivare in tempo per intervenire. E un farmaco davvero efficace, per il momento, non esiste.

Stop alla morte cellulare

I ricercatori della University of Queensland, però, ritengono di avere un ottimo candidato, una molecola ricavata dal veleno del pericolosissimo ragno della tela a imbuto, che nei test preclinici ha dimostrato di essere in grado di bloccare i segnali di morte cellulare e di contenere i danni dell’infarto. Questa molecola, chiamata Hi1a, è un inibitore di un tipo di canale ionico (Asic1) che si trova sulla superficie delle cellule cardiache e che è sensibile all’ambiente acido.

In base ai test cellulari e sugli animali infartuati, se somministrata entro 8 ore dall’evento ischemico, Hi1a diminuisce in modo significativo i danni ai tessuti. L’auspicio dei ricercatori, però, è che possa essere impiegata già durante le fasi di primo soccorso, per cambiare in modo radicale l’esito dell’infarto.

Dall’ictus all’infarto, ai trapianti di cuore

In realtà di questa proteina del veleno di ragno si parla da qualche anno. Nel 2017 lo stesso gruppo di ricerca aveva sperimentato sempre su modelli cellulari e animali l’effetto di Hi1a sul danno da ictus, l’ischemia cerebrale. In quello studio la molecola aveva dimostrato di ridurre i danni da ictus fino all’80%.

Ora gli scienziati vorrebbero passare nel giro di 2-3 anni (servono infatti ancora dei test) alla fase successiva, alla sperimentazione clinica, sia per contenere i danni dell’ictus che dell’infarto nell’essere umano.

Un’altra interessante applicazione della proteina Hi1a potrebbe riguardare l’ambito dei trapianti di cuore. Un cuore espiantato da un donatore può essere reimpiantato in una persona all’interno di un intervallo di tempo limitato, oltre cui il danno ai tessuti è troppo grande perché l’organo ricominci a funzionare bene. Per il team australiano, però, l’impiego di Hi1a sul cuore da trapiantare dovrebbe allungare questo intervallo, aumentando le probabilità di successo. Insomma, potrebbe fare la differenza.

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La proteina Hi1a nel veleno del ragno della tela a imbuto può bloccare il segnale di morte cellulare a seguito di un attacco cardiaco e prolungare i tempi per i trapianti di cuore
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