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Se The Haunting of Hill House di Mike Flanagan non vi aveva particolarmente colpito, e in generale siete stati ripetutamente delusi dagli horror senza idee e senza brividi degli ultimi anni, Midnight Mass vi abbaglierà con il suo oscuro splendore. La serie, firmata dal citato Flanagan autore anche del sottovalutato Somnia e di fresco aggiunta alla libreria di Netflix, è molto più che una semplice storia dell’orrore. L’isola di Crockett è un remoto villaggio di pescatori nel quale risiede un’esigua comunità di cristiani cattolici riuniti sotto la parrocchia di Saint Patrick e guidati da più di mezzo secolo dall’anziano prete locale che, malandato e fragile, è andato in pellegrinaggio in Terra Santa. L’arrivo di un sostituto, Padre Paul, è preceduto da allarmanti presagi di sentore biblico*. L’ecclesiastico, pio, devoto e affezionato ai suoi parrocchiani, raccoglie un numero sempre maggiore di fedeli che trovano giovamento spirituale e fisico a ogni celebrazione della messa. Tra questi, la famiglia Scarborough – tra cui la teenager paraplegica Leeza -, i Flynn – genitori dell’adolescente Warren e dell’ex galeotto Riley (Zach Gilford) – e la rigida perpetua Bev (Samantha Sloyan). Della comunità fanno parte anche la dottoressa Gunning (Annabeth Gish), l’insegnante Erin Greene (Kate Siegel), il citato Riley e lo sceriffo musulmano Hassan, l’unico non cristiano dell’isola.

La storia narrata da Flanagan (che di Midnight Mass è creatore, sceneggiatore e regista) è profonda, spirituale e toccante, e l’orrore che mette in scena è il più intimo e lacerante mai messo in scena, probabilmente, sul piccolo schermo. Midnight Mass è sì una storia dell’orrore, piena di mostri, morti violente e sangue che scorre a fiotti, ma è anche un melodramma in grado di raggiungere picchi patetici in grado di farvi riempire il fazzoletto di lacrime. Flanagan indugia in un copione verboso, ma quello che fa dire ai suoi personaggi non è mai ridondante o inutile. A voler trovare dei difetti in una serie altrimenti superba, possiamo riconoscere una certa difficoltà della narrazione a ingranare nei primi due episodi: passa in fretta, per montare verso un finale grandioso – apoteosi di ferocia, perdita del senno e violenza collettiva, – e concludersi con un epilogo tragico, commovente e redentore. Grave e problematico è, invece, è il fallimento del reparto trucco: per ragioni narrative, molti attori sono invecchiati con make-up e protesi. La scadente qualità del risultato, oltre a essere sgradevole e abbassare la qualità della produzione, implicitamente costituisce uno spoiler di proporzioni monumentali.

In Midnight Mass la religione permea tutto, dai titoli “biblici” di ognuno dei setti capitoli che compongono la serie alla vita quotidiana dei personaggi, dalla causa scatenante dell’elemento orrorifico ai dialoghi illuminati e poi esaltati di Padre Paul con i suoi interlocutori. Il tema portante di Midnight Mass, ambientata durante la Quaresima e opportunamente culminante nella notte del Lunedì dell’Angelo, è il concetto della resurrezione, caposaldo del cristianesimo e a tratti estenuante disamina di una religione e del suo caposaldo. La critica di Flanagan è indulgente verso il vero credente, anche il più fallace, e asprissima verso falsi credenti e fanatici che strumentalizzano la fede. La reiterazione dei simboli religiosi e una colonna sonora che porti i canti della messa fuori dalle mure della chiesa sembrano quasi voler portare alla follia, con la loro presenza assillante e assordante, anche lo spettatore. Non c’è dubbio che per chi è cresciuto in un ambiente cattolico la parabola horror religiosa di Midnight Mass abbia un impatto più forte. Flanagan dimostra senza dubbio che l’horror di stampo cristiano – quello delle possessioni, delle presenze demoniache e dei presagi – sia ancora tra i più terrificanti del genere. Come lo è l’orrore, in modo meno plateale, ma più raggelante e insidioso, quello che vive Riley, divorato da quel senso di colpa che i cattolici conoscono bene e perseguitato dalla presenza angoscianti della sua vittima sfigurata.

Il fulcro del racconto orrorifico di Midnight Mass è, come accennato, il concetto cristiano di resurrezione; l’ossessione di Padre Paul è la morte e la sua elusione, scaturita dal timore di perdere i propri cari. A pochi minuti dall’inizio del secondo episodio il fenomenale interprete del prete, Hamish Linklater, con una semplice espressione del volto svela al pubblico il mistero soprannaturale che sottende all’orrore, alla follia e all’isteria di massa che si fondono nel climax della narrazione. La fede acceca chi è disposto a credere ciecamente, tanto da far passare demoni, vampiri e qualsiasi creatura maligna e repellente per angeli del Signore e trasformare i membri di una pacifica comunità in una setta feroce che brama la vita eterna: così Midnight Mass materializza i dogmi della Chiesa in veri e propri mostri. No, non l’”angelo” di Paul, bensì il personaggi di Bev, più spaventosa con il suo esaltato fanatismo del decadimento e della malattia temuti dal parroco, più terrificante (o quasi) dell’infermiera Ratched di Qualcuno volò sul nido del cuculo.

Midnight Mass deve qualcosa a L’esorcista di William Friedkin e molto a Stephen King, specialmente a quello di Pet Semetary e A volte ritornano. Deve anche molto, moltissimo, al suo protagonista: Hamish Linklater (era l’agente sfigurato di Legion) nei panni di Padre Paul offre una delle interpretazioni migliori – e non esageriamo – della storia del piccolo schermo, come non se ne vedevano dai tempi di Hugh Laurie e Bryan Cranston di Dr House e Breaking Bad. La sua prova attoriale in Midnight Mass è strepitosa: la purezza e la fede incontaminata che riesce a conferire al personaggio fino alla fine, nonostante le menzogne, la corruzione e il ruolo mansoniano assunto a un certo punto fanno del suo fallibile e devoto Paul un personaggio indimenticabile.

Alla fine, raccomandiamo caldamente Midnight Mass anche ai refrattari dell’horror; non lasciatevi sfuggire questa disamina accorata della fede e del fanatismo religioso, questa sofferta riflessione sul decadimento e sul senso di colpa, questo il ritratto di un’umanità – riflessa nella piccola impazzita comunità di Crockett Island – che ha guardato nell’abisso e ha ritrovato la via. Non perdetevi una delle serie dell’anno.

*Cinofili e gattari, siate avvertiti che la visione di questa serie per voi sarà traumatica.

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Un autore e un cast in stato di grazia, una storia terrificante e commovente al tempo stesso fanno della nuova serie horror di Netflix una delle produzioni più belle dell’anno.
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