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I telebani pattugliano Kabul. Foto di Sayed Khodaiberdi Sadat/Anadolu Agency via Getty Images

Mentre la situazione a Kabul diventa sempre più pericolosa e si contano almeno 90 vittime dopo il doppio attacco kamikaze del 26 agosto fuori dall’aeroporto della capitale afghana, come riporta Cnn, e rivendicato dall’Isis K, un ramo dello Stato islamico, gli abitanti della città si affidano a un’app per rimanere aggiornati su sparatorie, problemi di traffico, blackout e altre situazioni di emergenza. Creata dalla 26enne Sara Wahedi, Ehtesab è una piattaforma gestita da un team di under 25 afghani che si occupano di inviare giorno e notte notifiche in diretta su cosa sta succedendo nella capitale. Il tutto senza menzionare esplicitamente i talebani, nella speranza che l’app possa resistere e diffondersi con successo in tutto il Paese.

Disponibile da marzo 2020 per Android e iOs, Ehtesab nasce in realtà nel 2018, quando la sua fondatrice, Sara Wahedi, assiste a un attacco bomba nel centro di Kabul. Nelle successive dodici ore, il governo impone il coprifuoco e la città rimane senza elettricità. “Nessuno sapeva quando sarebbe tornata o quando le strade sarebbero state libere dai militari. Le autorità non erano d’aiutoha spiegato la giovane imprenditrice in un’intervista: “Da quel momento ho iniziato a riflettere sull’idea di affidabilità e sulla diffusione dell’informazione. Ho iniziato a scrivere la parola ‘affidabilità’ in tante lingue diverse, fino ad arrivare a ‘Ehtesab’“.

Un sistema “affidabile”

Ehtesab significa appunto ‘affidabilità’ in dari e pashto, le due lingue più utilizzate dalla popolazione afghana. Dopo aver avuto quest’idea, Wahedi lascia il suo posto al governo, dove si occupava di politiche sociali per l’ex presidente Ashraf Ghani, per fondare la sua prima startup insieme alla compagnia afghana Netlinks, che ha investito 40mila dollari nel progetto. Insieme a lei iniziano a collaborare più di venti giovani del Paese, tra cui molte donne e membri di etnia hazara, storicamente perseguitata dai talebani.

Con la caduta di Kabul, tutto il team ha abbandonato gli uffici per lavorare da remoto, mentre Wahedi si è occupata personalmente di nascondere l’identità delle sue collaboratrici e aiutarle a rimuovere ogni traccia del loro passato digitale. Al momento, i tentativi di mettere in salvo lo staff non sono andati a buon fine, mentre Wahedi, che ha trascorso la sua adolescenza come rifugiata in Canada, si trova a New York per frequentare la Columbia University.

La presa di Kabul

Domenica 15 agosto doveva essere il giorno del lancio della nuova versione dell’app per iOs, ma le priorità sono cambiate velocemente. Prima, un flusso costante di nuove informazioni sull’avanzata dei talebani. Poi, racconta Wahedi, “non appena hanno raggiunto il centro della città, tutto si è fermato. Nessuno pubblicava niente online, non riuscivamo a comunicare. Le persone hanno cancellato i loro messaggi o spento i loro telefoni. Quando i talebani hanno raggiunto l’ufficio del presidente, ci siamo resi conto che da quel momento avremmo dovuto fare da soli“.

Ad oggi, le segnalazioni continuano ad arrivare attraverso gruppi WhatsApp privati, contenuti pubblicati sui social o direttamente dall’app, che permette agli utenti di registrare e inviare brevi video. Ogni componente del team di Wahedi monitora un evento specificotraffico, esplosioni, situazione all’aeroporto – e verifica le notizie che riceve. Un tempo i report venivano confermati dal ministero dell’Interno – “quando esisteva ancora“, commenta Wahedi – e lo staff era libero di specificare i dettagli della situazione.

Cambio di comunicazione

Ora invece usiamo parole e frasi che indicano un’emergenza. Per esempio, un blocco stradale può essere sinonimo di pericolo, ma noi non possiamo dirlo esplicitamente. Se qualcuno ci accusa di andare contro il governo, possiamo dire di aver semplicemente segnalato un blocco stradale e basta, dato che è un problema per la mobilità delle persone. Questa è la nostra strategia“, spiega.

Il piano della ventiseienne è di costruire un sistema su scala nazionale, che includa anche l’invio di sms. In un articolo del New York Post, Wahedi afferma che una delle sue più grandi fonti d’ispirazione è Citizen, l’app per la sicurezza pubblica utilizzata in molte città degli Stati Uniti, tra cui New York e Los Angeles. I suoi metodi, però, sono molto più controversi di quelli dell’app di Kabul. Lo staff di Citizen raccoglie la maggior parte delle informazioni ascoltando le segnalazioni radio del 911 provenienti da ogni quartiere della città, oltre a pagare i comuni cittadini per filmare in diretta omicidi, incendi e incidenti.

Per ora, Ehtesab ricorda molto più Nexta Live, il canale Telegram di controinformazione bielorussa fondato da due ventenni – tra cui Roman Protasevich, arrestato dopo un dirottamento aereo lo scorso maggio – che raccoglie segnalazioni anonime, oltre ad attingere da un database di fonti fidate.

Gli afghani sono molto attratti dall’imprenditoria e dal mondo delle startup“, racconta Wahedi. Per avvicinarsi al settore, molti imparano Java e Python grazie ai tutorial su Youtube e condividono le loro idee su un gruppo Facebook dedicato alla comunità degli startupper chiamato CodeWeekend.

Gli stessi talebani apprezzano questo tipo di tecnologia occidentale. Li vediamo usare Twitter e altri social media. Per questo, non credo che l’accesso ai social e a internet verrà proibito“, spiega la fondatrice di Ehtesab: “Se i talebani decidono di decimare la città, non potremo farci niente. Ma se i talebani faranno quello che dicono di voler fare, se il loro governo sarà davvero diverso, allora il nostro lavoro [a Ehtesab, nda] potrà continuare“.

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In Afghanistan un team guidato dall’imprenditrice 26enne Sara Wahedi ha realizzato un’app che invia in tempo reale notifiche su emergenze e pericoli nelle capitale ora in mano ai talebani
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